Giuseppe Giordano
6 set 20196 min
Aggiornato il: 6 mag 2021
Negli ultimi 10 anni sono successe due cose che hanno completamente stravolto il modo di fare comunicazione, marketing e pubblicità, come anche il mindset (il modo di pensare) dei consumatori: l'"esplosione" dei dispositivi mobili (iPhone e smartphone) e quella dei social network.
A causa di ciò, le aziende hanno dovuto ricalibrare le loro strategie di marketing per attrarre gli odierni consumatori digitali. E la più corposa avanguardia di questo cambiamento è la generazione dei millennial.
I millennial (i nati fra il 1980 e il 1996) sono la più numerosa generazione del pianeta, con un potere di spesa annua di circa 200 miliardi di dollari. Ecco perché questo gruppo di consumatori è il migliore a cui tu possa puntare!
Se non ti impegni a comprenderli e a parlare la stessa lingua di questa generazione, non potrai mai fare affari con loro in maniera efficace, efficiente, continuata.
E per questo motivo occorre innanzitutto smontare i tanti, troppi, stereotipi che ruotano attorno alla generazione dei millennial e capire chi sono per davvero per poterli intercettare.
I millennial non sono tutti uguali. Pur appartenendo alla stessa generazione, dai 20 ai 39 anni c'è una grande differenza.
I millennial rappresentano ormai un terzo della forza lavoro mondiale (fonte: ManPower), e ammontano a poco meno di 2 miliardi di persone nel mondo (quasi 12 milioni in Italia).
Per raggiungere questa generazione occorre usare nuovi metodi comunicativi, perché i millennial sono:
i frequentatori meno assidui dei negozi;
i più reattivi alle opportunità dello shopping online;
e i più motivati e influenzabili dal passaparola di parenti e amici e dalle recensioni ed esperienze altrui.
E ancora:
imparano da autodidatta su YouTube o altre piattaforme di e-learning come Udemy e LinkedIn;
decidono dove mangiare in base ai post su Instagram o alle recensioni lasciate da altri clienti;
fanno ampio ricorso al delivery, facendosi portare la spesa e il cibo a casa.
Il mondo è cambiato, e ciò proprio perché i millennial sono cresciuti nel pieno dell'evoluzione tecnologica, della diffusione di internet e dell'interconnessione continua.
La nascita dei social media ha veramente rivoluzionato il mondo! La comunicazione, il marketing, la pubblicità, le modalità di acquisto e di vendita hanno avuto un impatto gigantesco sulla mentalità dei consumatori millennial. Con le possibilità di accesso e di influenza che i social network offrono, i millennial sono la prima generazione a raccontarsi su YouTube, a condividere talenti e opinioni, a costruirsi delle community, ad acquisire autorità e competenza senza avere per forza un diploma e a monetizzare i loro sforzi e le loro competenze come mai prima d'ora (vedi l'importanza dell'influencer marketing).
"I social media hanno stravolto le regole del gioco"
[Chelsea Krost, Top 20 Millennial Marketing Strategists & Coach of LinkedIn]
Con tutta questa iperconnessione e sovraccarico di informazioni, ormai siamo più insensibili all'influenza della pubblicità tradizionale. Ciò significa che per colpire i millennial occorrono contenuti più originali, obbligando i marketer a pensare sempre più fuori dagli schemi.
Inoltre bisogna tenere a mente la grande difficoltà economica che vivono i millennial, dovuta a redditi relativamente bassi e alla crisi economica che ha colpito in particolare questa generazione, che difficilmente riesce a permettersi status symbol come una casa di proprietà o una macchina.
Sono aspetti che è importante tenere a mente per sintonizzarsi coi loro bisogni, le loro necessità, e quindi per fornire loro soluzioni e formulare i messaggi corretti su cui posizionare il nostro brand, i nostri prodotti e i nostri servizi.
I millennial si comportano in modi diversi, tengono relazioni in modi diversi, fanno shopping in modi diversi. E hanno anche differenti aspettative.
I millennial apprezzano l'autenticità. Non si accontentano semplicemente di possedere un bene materiale, ma di vivere un'esperienza positiva e formativa attraverso di esso. Per questo lo storytelling, l'arte della narrazione, diventa cruciale per comunicare con loro.
Quando riuscirai a toccare le corde giuste, a colpire la mente e il cuore dei millennial, che così avvertiranno il valore sociale del tuo brand, il prezzo non sarà più un problema.
I millennial richiedono di pensare digitale, mobile e social-e, e cercano esperienze autentiche.
I giovani millennial sono stati spesso etichettati in maniera molto spregiativa soprattutto dai più adulti, genitori e politici (choosy, bamboccioni, ecc.). Ma ora distruggeremo questi stereotipi e accenderemo una luce sulle qualità di questa generazione...
Sì, i millennial sono sicuramente la generazione dei selfie e le aziende stesse possono sfruttare questo fenomeno a proprio vantaggio grazie all'impatto che essi generano sui contenuti e sulla brand awareness.
Condividendo all'istante le nostre esperienze e il nostro lavoro, porteremo il nostro brand sul display e sugli smartphone dei nostri follower e gli daremo visibilità nella maniera più potente.
La richiesta dei millennial di una maggiore responsabilità sociale da parte delle imprese sta guidando il cambiamento delle strategie aziendali. I millennial guardano molto all'aspetto sociale o filantropico dei prodotti e servizi e più del 70% di loro ritiene questa una componente fondamentale per motivare l'acquisto di questo o quel prodotto presso questo o quel marchio.
E proprio il "brand activism", vale a dire l'impegno su importanti temi sociali da parte delle aziende, è uno dei principali trend digital e social del momento.
I millennial sono guidati dalle esperienze personali. Pensano che i soldi vengono spesi meglio nelle esperienze e non nelle cose materiali.
Secondo uno studio condotto da Facebook, solo il 4% dei millennial fa coincidere il successo finanziario coi possedimenti materiali.
A parte alcuni aspetti negativi (che ci sono, come in tutte le cose), quelli positivi sono molti di più. A cominciare dal fatto che senza i social media e senza internet non avremmo potuto instaurare relazioni sociali ed economiche a costo quasi zero in ogni parte del mondo, non potremmo comprare e vendere prodotti ovunque, non potremmo valorizzare e dare visibilità alla nostra immagine e non potremmo guadagnare in molti e innovativi modi.
Oggi più che mai, il nostro destino è materialmente nelle nostre mani (e nei nostri smartphone).
Essendo sempre più difficile entrare nel mondo del lavoro ed essendo cresciuto il costo per l'istruzione superiore in termini di energie, tempo e denaro, i millennial si sono dovuti inventare nuovi modi per poter guadagnare.
La gig economy (l'economia dei lavoretti), la sharing economy (l'economia della condivisione) e il lavoro freelance si sono diffusi e sono diventati fonte di guadagno, anche con business miliardari come quelli messi su da brand come Airbnb, Uber e altri.
Come vedi, sono tante le cose, anche brutte, che si dicono sui millennial, ma sono tutti stereotipi smentiti dalla realtà e di cui occorre liberarsi se non si vuole perdere la possibilità di entrare davvero in sintonia con questo mondo di lavoratori, consumatori... persone!
Come detto prima, i millennial sono tanti, sono circa 2 miliardi, e comprendono una grossa fascia di età che va all'incirca dai 20 ai 39 anni. Data la vastità di questa generazione, e data la differenza di pensiero e di stili di vita che ci può essere tra una persona di 23 anni e una di 35, possiamo individuare sei micro-mercati.
Contando anche i post-millennial, o Generazione Z, questo primo gruppo va all'incirca dai 18 ai 23 anni, ed è composto da studenti o impiegati di livello più basso e sono assidui frequentatori di Instagram (e Snapchat in America).
Molti di loro si sono già laureati e, in mancanza di lavoro e/o di un reddito solido, sono tornati a casa dai genitori. Questo gruppo va dai 23 ai 26 anni. ed è molto attivo nella gig e sharing economy.
I faccendieri vanno dai 26 ai 29 anni. Hanno terminato l'università e o sono alla ricerca di un lavoro o hanno già cominciato le loro prime esperienze lavorative, spesso poco remunerate, o stanno avviando una loro propria attività dal forte impatto sociale sul mondo.
Dai 29 ai 32 anni, sono padri e madri al loro primo figlio, una condizione che crea un solco profondo a livello di bisogni, redditi, mentalità rispetto agli altri millennial.
I genitori millennial stanno rompendo i classici stereotipi del passato sugli uomini che lavorano e sulle donne confinate fra le mura domestiche. Al contrario, i padri millennial vogliono stare di più a casa e passare più tempo coi loro figli, mentre le mamme millennial sono molto influenti sulle loro cerchie e community. E le mamme blogger sono proprio quelle che dominano canali in forte espansione come Pinterest.
La generazione che sta a metà fra i Millennial e la Generazione X e che va dai 32 ai 35 anni. I xennial hanno uno o due figli, e un livello di preparazione e di reddito molto diverso dagli altri.
Sono quelli che hanno più di 35 anni e a volte superano i 40. Non sono propriamente dei millennial, ma si sentono e si comportano come tali, o almeno ci provano, perché hanno compreso l'importanza delle nuove tecnologie e della comunicazione online e sui social media, essendo molto presenti su Facebook, Twitter e LinkedIn.
In conclusione, pur facendo parte di una stessa generazione, fra queste categorie di millennial ci sono molte differenze, e per agganciarle è necessario usare strumenti, messaggi e linguaggi differenti. Personalizzare il più possibile la nostra comunicazione su misura di queste persone e del target prescelto determinerà il successo delle nostre campagne.
Questo post è stato realizzato grazie a uno dei corsi di LinkedIn Learning.