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  • Immagine del redattoreGiuseppe Giordano

Conte vs Salvini: un'analisi della loro comunicazione

Aggiornamento: 17 set 2023

Nell'era dei social e del "tutto è comunicazione", in Parlamento è andata in scena la crisi extraparlamentare che è sfociata nelle dimissioni di Conte e nella crisi di governo. Vediamo cosa (e come) hanno detto (o non detto) i principali protagonisti di questo "spettacolo"



La Crisi di Governo è ormai conclamata e resa ufficiale in Parlamento.


Scoppiata la crisi politica dagli ombrelloni del Papeete Beach per mano e voce del Ministro e Vice Premier Matteo Salvini, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è presentato in Senato per annunciare le sue dimissioni e la conseguente caduta del governo.


È stata una discussione per certi versi surreale.


Mai si era vista una crisi trascinatasi così fra social e giornali, nel pieno dell'estate, senza passare dal Parlamento.

Mai si era visto un Premier fare un discorso in parte dimissionario e in parte programmatico per "rimproverare" per gran parte del tempo un suo vice, per di più sedutogli accanto.

Mai si era visto un Vice Premier che, non potendo parlare, ha passato il tempo commentando a gesti la sua disapprovazione, per poi alzarsi dai banchi del governo e andare a replicare dai banchi parlamentari.


È stato uno "spettacolo" tanto inedito quanto - per alcuni aspetti - divertente, soprattutto proprio perché si trattava di una sorta di "prima visione", di una rappresentazione di un Teatro dell'Assurdo del Terzo Millennio andato in scena su un palco d'eccezione come il Senato della Repubblica.



L'INTERVENTO DI CONTE


L'ormai dimissionario Presidente Conte ha pronunciato un discorso molto ben fatto, alto, con dettagli pregevoli ed estremamente ricercati, come il passaggio su Federico II di Svevia che è andato a colpire proprio i simboli storici ed identitari del leghismo (il carroccio - vedi Battaglia di Cortenuova).


Dopo aver riepilogato quanto accaduto nelle ultime settimane, Conte è andato subito a testa bassa contro il suo ex "braccio destro" Salvini (sedutogli inaspettatamente, coraggiosamente e strategicamente accanto), ha continuato richiamando la responsabilità e il valore della Politica (con la P maiuscola), delle istituzioni e dell'Europa, ha rivendicato quanto di buono fatto in 14 mesi di governo e infine ha gettato le basi per un nuovo programma di governo, qualora ci fosse modo per costituire una nuova maggioranza, prima di rassegnare le dimissioni al Quirinale, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.



Il discorso di Conte è stato apprezzato dai molti, addetti ai lavori e non.


Nella sua narrazione ha individuato un nemico (Salvini) cui ha rivolto attacchi dall'inaspettata durezza, ha bacchettato gli stessi esponenti del Movimento 5 Stelle - rei, fra le altre cose, di essersi fatti troppo influenzare dai sondaggi -, ha rivendicato le cose buone fatte, come anche la partecipazione alla nomina di Ursula Von der Leyen (ancora politica lanciata al PD), e infine ha dato una vision futura, una prospettiva, anche se su taluni passaggi (come quello sul folklore o sulle periferie) è stato piuttosto piatto e ha abbassato il livello del discorso fatto fin lì.


Questa era l'ultima grande occasione di Conte, l'ultima finestra utile per avere addosso l'attenzione di tutto il Paese. E l'ha sfruttata per fare un discorso da leader vero, autonomo, smarcato dalle sigle che lo hanno fin qui sostenuto. Un leader dallo stile elegante, equilibrato, pacato, serio, colto, istituzionale, responsabile, europeista, politico.


Politico... "Politico" un Premier portato a Palazzo Chigi da un movimento che dell'anti-politica ne ha fatto la propria essenza... Che ironia che ha il destino!


Dopo la replica, in cui ha affermato di non rinnegare nulla di quanto fatto sotto il suo governo, a partire dal Decreto Sicurezza Bis, principale motivo di lontanza fra M5S e PD, Conte si è, sì, probabilmente tirato fuori in maniera definitiva dalle trattative per la nascita di un nuovo governo M5S-PD, ma si è riposizionato come possibile leader di una prossima, futura, stagione politica. E, perché no?!, magari per andare ad occupare la posizione di Commissario Europeo per conto dell'Italia...



LA COMUNICAZIONE VERBALE (E NON VERBALE) DI SALVINI


Per gran parte del suo discorso, soprattutto nella prima metà, Conte si è rivolto direttamente a Matteo Salvini, l'ex alleato autore del "tradimento che ha fatto cadere il governo per mero interesse politico personale". E in tutto questo tempo l'ancora Vice Premier Salvini è stato lì, accanto al suo accusatore, oltre che "capo" (del governo), rispondendogli a gesti e qualche volta a parole.


La scelta di Salvini di stare lì è stata assolutamente intelligente, azzeccata e anche coraggiosa. Come ho scritto nel preambolo, non si era mai vista una scelta del genere in Parlamento, con due "contendenti" a sfidarsi pur essendo ancora nella stessa compagine di governo, fra gli stessi banchi destinati al governo.


Ma ciò ha permesso a Salvini di comunicare sebbene a parlare fosse il suo nemico, e allo stesso tempo di mettergli pressione. Il segretario della Lega si dimostra un vero "lupo della politica", dall'esperienza ventennale, oltre che profondo conoscitore delle dinamiche comunicative anche istituzionali.


E lo stesso vale per il suo staff predisposto alla comunicazione, che ha ben catechizzato anche gli altri parlamentari leghisti posizionati sui banchi del governo.


Infatti, se guardate il video precedente, oltre a Conte al centro, agli impassibili Di Maio, Valente e Sibilia alla sua sinistra (che avrebbero dovuto sostenere più attivamente il "loro" Presidente per controbilanciare la pressione leghista), e allo stesso Salvini a destra, tutt'attorno ci sono stati altri membri dell'Esecutivo del Carroccio, dal ministro Bongiorno ai sottosegretari Durigon e Giorgetti. E sebbene si siano limitati a discreti gesti non verbali, anche per non rubare la scena al loro leader, hanno tutti contribuito per mettere in soggezione il premier dimissionario Conte, per il quale, anche per questo, non è stato affatto facile parlare.


Pure per Salvini non è stato facile, trovandosi a così breve distanza dal suo grande accusatore in un momento così drammatico e importante, ma ha sfruttato la sua posizione egregiamente per controbattere in diretta alle dichiarazioni di Conte, tramite il linguaggio non verbale.


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Le repliche "non verbali" di Salvini a Conte (SkyTg24)

Così facendo Salvini non ha solo risposto al premier, ma ha pure "co-occupato" il suo spazio, la sua scena, anche agli occhi degli spettatori (specie sostenitori) di Conte.


Salvini non si è limitato solo a prendere appunti per preparare la sua replica, a dire di no con la testa o con le mani, a fare spallucce o ad ostentare il proprio controllo sui parlamentari leghisti quando li invitava alla calma, ma ha anche "risposto" platealmente alle accuse del Presidente del Consiglio di strumentalizzare la religione, tirando fuori il rosario e baciandolo praticamente in spregio ai parlamentari del PD che inveivano contro di lui (minuto 31:30).


E in più, quando al minuto 27:45 circa, Conte lo ha rimproverato di non essersi presentato in Parlamento per rispondere sul Russiagate, Salvini ha indicato col dito Conte, gli esponenti grillini e i plaudenti senatori del PD come per dire: "visto? L'accordo è già stato fatto, sono già tutti insieme".


Al di là di come la si pensi, da spin-doctor non posso che applaudire a questa sua efficace strategia di ricorrere alla comunicazione non verbale! Non si è limitato a difendersi: è passato direttamente al contrattacco.


Al termine dell'orazione di Conte, fra i due non c'è stata neppure una stretta di mano (che invece c'è stata con Giorgetti) e Salvini ha lasciato i banchi del governo per andare a replicare - stavolta verbalmente - direttamente dai banchi della Lega. Una scelta dettata non solo da un minimo di correttezza istituzionale (immaginate se avesse risposto al j'accuse di Conte proprio accanto a Conte...), ma anche dal vantaggio di potersi attorniare dei suoi sostenitori.




Quella di Salvini non è stata (solo) una risposta a Conte, né un discorso rivolto ai colleghi senatori. Quello di Salvini è stato soprattutto un comizio rivolto agli spettatori, alla gente fuori dal Palazzo, ai lavoratori, al popolo... in una parola: agli elettori.


Immediatamente Salvini ha affermato di non rinnegare nulla di quanto fatto, compresa la presentazione della mozione di sfiducia (poi, a discussione conclusa, incredibilmente ritirata circa 4 ore dopo). Ha denunciato un "inciucio" già fatto e ordito ormai da settimane da M5S e PD. Ha offerto anche mimicamente il suo corpo in sacrificio, come San Sebastiano, a tutti coloro che lo offendono e sono contro di lui.


Il suo è stato un discorso basato su «coraggio, amore e libertà», come aveva preannunciato in un suo post su Facebook. Almeno a parole ha invocato il voto subito, ha fatto varie volte richiami alla cristianità, ha riesibito il rosario, ha citato Giovanni Paolo II, ha detto di non avere paura della volontà popolare e di volere «un'Italia schiava di nessuno».


Ciononostante, il suo è stato un discorso più debole di quello di Conte, ma d'altronde Salvini è andato a braccio, si è basato su appunti presi pochi minuti prima, mentre Conte aveva studiato parole e pause per giorni nei minimi particolari.


La sua stessa posizione era più debole: è stato lui a far cadere il governo, è rimasto col cerino in mano, e credo si sia reso conto di aver commesso un passo falso, non avendo previsto che M5S e PD avrebbero potuto approfittarne per relegarlo all'opposizione. Una posizione da cui ha cercato di tirarsi fuori fino all'ultimo, riproponendo l'appoggio leghista sulle riforme e pure per una nuova, "più coraggiosa", manovra finanziaria.


Solo che, come ha già detto Di Maio giorni fa, «ormai la frittata è fatta»...



In definitiva, dunque, la frattura fra Conte e Salvini non poteva essere più evidente. C'è stata non solo sul piano politico e sostanziale, ma pure su quello comunicativo (il che era comunque già noto): moderato, preparato, istituzionale e a tratti compassato il primo; scenico, plateale, sfrontato e solo apparentemente più spontaneo (ma anche per questo assolutamente premeditato) il secondo.



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